
Dopo aver aderito alla "Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza", abbiamo deciso di affrontare il tema del gender gap e dell'empowerment femminile nelle carriere STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) attraverso una serie di interviste rivolte alle nostre colleghe che hanno deciso di intraprendere questo percorso.
Le protagoniste di oggi sono Luisa Danese, classe 1995, laureata in Ingegneria Elettronica presso l'Università degli Studi di Genova e Chiara Poggi, classe 1994, laureata in Ingegneria Energetica presso il Politecnico di Milano. Entrambe ricoprono il ruolo di Digital Transformation Analyst.
Cosa ti ha spinta ad intraprendere un percorso di studio scientifico?
Luisa: Il mio interesse per le materie scientifiche inizia fin da piccola, mi è sempre piaciuta la matematica. Poi, crescendo, mi sono appassionata anche all’informatica e alla tecnologia. Grazie al mio corso di studio ho sviluppato questo interesse fino a farlo diventare parte integrante del mio lavoro.
Chiara: Ho sempre avuto passione e predisposizione per le materie scientifiche, in particolar modo matematica e fisica. Inoltre, mi ha da sempre affascinato l’idea che l’ambito della scienza e della tecnologia fosse un mondo in continua innovazione ed evoluzione nonché molto stimolante, che ti permette di apprendere sempre cose nuove.
Quante ragazze erano presenti nel tuo corso?
L: Al mio primo anno di laurea in Ingegneria Elettronica eravamo 75 studenti in totale di cui solo 8 ragazze. Durante l’ultimo anno eravamo solo 8 di cui 2 ragazze, compresa me. Ma non è sempre così, in altri corsi di Ingegneria ci sono più ragazze che ragazzi. Con il passare degli anni ho visto un crescente numero di studentesse iscriversi
C: Soprattutto nei primi anni in cui erano stati accorpati tre corsi di studio, Ingegneria Meccanica e Aerospaziale erano frequentate praticamente solo da ragazzi, ad Ingegneria Energetica il numero di ragazze era leggermente sopra la media, in totale saremmo state il 25% rispetto agli uomini. In magistrale invece, il divario non era così elevato.
Il fatto che questo ambito di studio, o lavorativo, sia ancora considerato nella società odierna come un mondo prevalentemente maschile, ti ha mai bloccata nel fare questa scelta? Ti sei posta delle domande prima di scegliere il tuo percorso?
L: Non mi sono mai posta il problema, ho sempre seguito le mie passioni. Sapevo fin dall'inizio che sarebbe stato un percorso difficile ma non mi sono mai fatta fermare da questo.
C: No. Ho sempre dato maggiore importanza all’attitudine e all’interesse verso la materia, indipendentemente da cos’è considerato più “convenzionale” per una ragazza. La cosa che mi infastidisce di più è che se sei una donna e dici di aver fatto ingegneria le persone spesso si straniscono, perché non è ancora considerata una cosa comune.
Quali consigli daresti alle ragazze che vogliono intraprendere un percorso prettamente scientifico?
L: Un corso di studio scientifico ha molti lati positivi: ti spinge a lavorare in gruppo e a confrontarti con gli altri, le materie che si imparano sono attuali e sono molto richieste in ambito lavorativo. D’altro canto, è un corso tosto, bisogna impegnarsi, ma su questo non c'è differenza tra maschi o femmine, è richiesto il massimo da tutti.
C: Il consiglio che voglio dare è quello di seguire sempre i propri interessi, le proprie passioni senza farsi spaventare, anche e soprattutto in ambiente universitario dove quasi la totalità dei professori sono uomini. In tutti i miei anni di studio, ho avuto solo due professoresse. Purtroppo, nel campo della ricerca e dell’insegnamento, specialmente in ambito scientifico, c’è ancora molto da fare in termini di pari opportunità ed eguaglianza di genere, le donne non hanno molto spazio, la presenza maschile è quasi totalizzante.